Per concludere un intenso e gratificante primo anno di attività espositiva, Capsule Venezia presenta il debutto in città del talentuoso artista Luca Campestri, che si allinea perfettamente con la missione della galleria di promuovere e sostenere i giovani talenti del territorio italiano. La sua rilevanza nel panorama artistico del Paese è in costante crescita e ha già raggiunto traguardi significativi, tra cui la partecipazione alla Parsec Residency a Bologna nel 2021, il primo premio al Young Art Award Confindustria nel 2023 e la posizione di finalista al Ducato Prize 2023.
Intitolata A Breadcrumb Trail e curata da Manuela Lietti, questa mostra offre un’immersione poetica e oscura in un universo di frammenti narrativi, evocando il momento inquietante centrale della storia di Hänsel e Gretel, resa celebre dai fratelli Grimm. Oltre a fare riferimento alle origini tedesche dell’artista, l’uso di queste favole consente di affrontare temi universali come il bene e il male, l’identità e la trasformazione, risuonando con esperienze umane e generando una riflessione sulla natura intima e la sua condizione sociale.
Fin dal primo istante, l’esposizione avvolge lo spettatore in un paesaggio notturno abitato da presenze ambigue, dove si intrecciano affettività e ostilità in un’atmosfera carica di mistero e distacco. Elementi come il velluto e i materiali riflettenti conferiscono alle opere una qualità tattile e dinamica, mentre l’interazione del pubblico anima le immagini, evocando una ricerca notturna intrisa di urgenza. Intorno allo spettatore si dispiega una variegata serie di animali, favolosi e simbolici, ma anche reali, provenienti dall’archivio personale dell’artista. Queste immagini nascono dalle sue “caccie fotografiche” nei boschi, dove è sempre in cerca di nuovi frammenti di realtà.
La serie Like Velvety Scars si distingue per l’originalità del suo approccio; la stampa su velluto richiama una morbidezza e una fragilità profondamente legate all’infanzia. D’altro canto le opere The Dreamer Slept but Did Not Dream e Trapped ci immergono in una realtà spettrale attraverso il fototrapping e l’interazione delle immagini con il movimento, creando una tensione tra presenza e assenza. Trapped esplora il concetto derridiano di “hauntology”, che unisce “to haunt” (ossessionare) e “ontology” (ontologia), catturando momenti invisibili che l’occhio umano non potrebbe percepire senza mediazione tecnologica.
Campestri ha scelto luoghi specifici nei boschi degli Appennini tosco-romagnoli, dove, in uno stato di introspezione e esplorazione ipnagogica, ha documentato frammenti che poi ha stampato su materiali riflettenti. Questo processo consente allo spettatore, utilizzando il flash del proprio telefono, di “rivivere” l’esperienza della ricerca notturna, aggiungendo una dimensione di partecipazione e simbolismo nella riattivazione dell’immagine. Secondo Campestri, questa serie non esplora solo il paesaggio notturno, ma anche il bosco come un luogo di perdita e disorientamento, un tema ricorrente nella narrativa infantile.
La serie Spettri, composta da video in loop e fotografie, porta una nuova dimensione a questo paesaggio emotivo, dove immagini e suoni si intrecciano per creare un ambiente ambiguo e ipnotico. L’uso dello spettrogramma, una tecnica innovativa che trasforma le immagini in suono, rafforza questo legame. Ogni pixel riceve un valore sonoro in base alla sua luminosità, creando un dialogo tra ciò che vediamo e ciò che ascoltiamo. Questo produce un’esperienza multisensoriale che è sia concreta, sia effimera.
Il contrasto tra il fisico e l’impalpabile si ricollega ai temi della perdita e del ritorno, ricordandoci che i nostri ricordi sono al tempo stesso una fonte di conforto e di malinconia. L’installazione video, con la sua natura ambientale e variabile, offre un’esperienza immersiva che trasforma lo spazio del visitatore in un ambiente pensoso ed evocativo.
Nel complesso, la mostra costruisce un universo in cui narrazioni discontinue, echi del passato, simbolismi e archetipi si confrontano con la dura realtà della vita moderna, generando un contrasto tra la fantasia delle fiabe e la quotidianità. In questo modo, l’esposizione si trasforma in un’esplorazione immersiva del dislocamento e della costante ricerca dell’irraggiungibile, coinvolgendo il visitatore in un mondo che fonde la narrazione tradizionale con le questioni contemporanee riguardanti lo spazio e l’identità. Questa dicotomia invita a riflettere su come i racconti e i miti plasmino la nostra percezione, fungendo da efficace veicolo per indagare la memoria, l’identità e il concetto di tempo.
© Segnonliine