Linkiesta | Le opere di Tian Jianxin raccontano gli oggetti quotidiani oltre la loro apparenza

Sabino Maria Frassà, Linkiesta, March 6, 2025
[Original Text in Italian]
 
Jianxin è una delle voci emergenti più interessanti dell'arte contemporanea cinese. Nato nel 1994 a Baoding, nella provincia di Hebei, vive e lavora attualmente a Pechino. Ha conseguito la laurea e il master in scultura presso la Central Academy of Fine Arts, rispettivamente nel 2018 e nel 2022. Lo abbiamo intervistato
 
Fin dagli esordi, Tian ha sviluppato uno stile che coniuga l'estetica essenziale della statuaria buddhista con l'ironia delle figure popolari e il rigore formale della scultura classica occidentale. Il risultato è una produzione in cui forme piene e armoniose si mescolano a un tocco di leggerezza, grazie alla trasformazione creativa di oggetti di uso quotidiano. Utensili da cucina, ornamenti architettonici e strumenti comuni si trasfigurano in opere che con delicatezza e ironia narrano frammenti di vita vissuta. Attraverso la sua arte, Tian Jianxin costruisce una mitologia del quotidiano, intrecciando esperienze personali e memoria collettiva. Questa evoluzione costante emerge chiaramente nelle sue mostre recenti:"Vessel of Faces" a Capsule Shanghai nel 2023 e "Bare Necessities" presso Blank Gallery di Tokyo nel 2024.
 
L'arte di Tian trasforma oggetti ordinari - pentole, mestoli, taglieri - in sculture animate da nuova vitalità. Con un meticoloso processo di martellatura e modellazione, figure umane e animali emergono dolcemente dalle superfici, come se fossero sempre esistite, nascoste nel materiale in attesa di essere svelate. Le sue opere attingono alla statuaria classica e ai grandi maestri come Michelangelo e Rodin, senza perdere di vista l'influenza degli artigiani anonimi che hanno dato vita alla scultura religiosa. Tian riesce a far emergere la bellezza latente dei materiali industriali, creando un dialogo poetico tra pieni e vuoti, luce e ombra.
 
Le sue creazioni, dai rilievi alle sculture autoportanti, raccontano con grazia la dualità dell'esistenza umana, rivelandone al contempo fragilità e potenza. Forme semplici, ma cariche di energia, evocano un'intimità profonda e una spiritualità palpabile, trasformando ogni opera in una riflessione sulla condizione umana. Questa intervista è l'occasione per esplorare più a fondo il percorso creativo di Tian Jianxin e le ispirazioni che alimentano il suo lavoro.
 
Quando e perché hai deciso di diventare scultore?
Quando ho scelto la scultura come mia specializzazione all'università, ho iniziato a entrare in un campo completamente nuovo. L'intero programma dell'accademia mi ha formato a guardare le cose attraverso la lente della scultura. È diverso dalla prospettiva bidimensionale a cui le persone sono abituate. Col tempo, ho iniziato a percepire la bellezza delle forme scultoree. Ancora più importante, la scultura è diventata per me un modo essenziale di comunicare. Ha soddisfatto il mio desiderio di immaginare e creare forme, permettendomi al contempo di connettermi e risuonare con i corpi e le emozioni degli altri.
 
Come hai sviluppato il tuo stile, che fonde la scultura classica con oggetti di uso quotidiano?
Non ho mai pensato veramente allo stile. Potrebbe semplicemente essere un riflesso della mia fisicità e del mio spirito. Il mio studio universitario era incentrato sull'insegnamento della scultura tradizionale; quindi, all'epoca ero immerso nell'influenza della scultura classica. Quegli esercizi di scultura in argilla che facevamo in classe non riguardavano la rappresentazione realistica delle sembianze umane, ma piuttosto l'eredità della tradizione della scultura classica europea. Durante i miei anni di specializzazione, quando è scoppiata la pandemia e creavo opere da casa, la mia prospettiva si è spostata dalla routine accademica a quella della vita quotidiana. I materiali intorno a me che potevano soddisfare il mio desiderio di modellare forme erano questi oggetti di uso quotidiano, e nuovi materiali richiedevano nuovi metodi e tecniche. Questi utensili di metallo morbido in alluminio, con la loro malleabilità intrinseca, mi permettevano di modellare i loro corpi vuoti in figure. Allo stesso tempo, questi utensili sembravano quasi sacri come metafore del cibo, specialmente in un periodo in cui il cibo non era così facilmente disponibile come di solito.
 
C'è quindi insita una riflessione sul Covid e su quel momento?
È vero che è un percorso nato durante il Covid, che io però intendo non come oggetto di indagine artistica, ma come fattore propulsore e di induzione. L'epidemia ha permesso alle persone di riscoprire la vita quotidiana. Le oggettive restrizioni di spazio e reperimento di qualsiasi materiale durante l'epidemia hanno stimolato anche una sorta di libertà creativa, che mi ha portato ad allontanarmi dal consueto percorso accademico. Naturalmente sono ben consapevole del forte significato simbolico e politico di questi strumenti dalla chiara impronta cinese, e la natura simbolica delle opere rappresenta anche una situazione potenzialmente rischiosa. Per me, il pop politico dei predecessori e l'esotismo orientale destinato a soddisfare l'Occidente dovrebbero essere osservati in modo critico. Le opere finali devono trasmettere caratteristiche uniche, una sorta di incarnazione personale.
 
Crei tutto da solo o progetti e poi qualcun altro esegue il lavoro?
Le opere realizzate con utensili di uso quotidiano sono interamente frutto del mio lavoro manuale. Questo processo è per me indispensabile e prezioso. Ogni pezzo nasce senza l'ausilio di stampi o fusioni; è un'esistenza unica che prende vita da un oggetto recuperato. A differenza della scultura tradizionale tramite fusione, non vi è alcun intervento di artigiani esterni, evitando così di compromettere il legame tattile e profondo tra me e l'opera. La superficie di ciascun utensile è plasmata da innumerevoli colpi di martello e segni di scalpello. L'opera cresce e si sviluppa interamente tra le mie mani, seguendo il ritmo del mio corpo e dei miei gesti per tutto il processo creativo. Più di ogni altra cosa, i miei pensieri e le mie mani modellano direttamente la materia, senza passaggi intermedi che potrebbero affievolire quella connessione essenziale e immediata. È come le sculture di Rodin, che si apprezzano veramente solo nel gesso originale, dove si può sentire il flusso della superficie del corpo umano plasmato dalle sue mani.
 
Come nascono le tue opere: immagini prima una figura e poi trovi il materiale, o viceversa?
Le opere nascono tutte da incontri casuali e successive interazioni con gli oggetti. È un processo spontaneo, senza troppi presupposti e preamboli. In base alla forma, alla funzione, allo spessore dell'oggetto e alla sua proporzione con il corpo umano, inizio a immaginare. Di solito disegno i contorni direttamente sugli utensili senza fare schizzi su carta. A volte ho un'idea in mente, che si realizza solo quando appare un oggetto (un recipiente della vita quotidiana, ndr) perfetto per quell'idea. Non c'è un approccio fisso. Preferisco approcci più ampi e diversificati, che permettono maggiori possibilità.
 
Cosa vuoi trasmettere con le tue sculture?
Attraverso un lavoro fisico intenso e coinvolgente, desidero presentare un corpo sensuale e vibrante, trasformato da un prodotto industriale carico di energia e alienazione. La superficie del materiale, segnata dal tempo e dall'uso, diventa la tela per le mie manipolazioni quasi invasive: estendo, premo e scolpisco impronte di volti. La forma completa del recipiente richiama le fattezze del corpo umano. Le creste e le rughe che solcano la superficie creano una tensione visiva e tattile con la rigidità della forma industriale. Il recipiente vuoto diventa esso stesso superficie; i segni e le texture che lo caratterizzano ne definiscono il contenuto.
 
Perché spesso scegli i recipienti come mezzo?
Il recipiente, come oggetto quotidiano, conserva la sua funzione utilitaria e porta con sé le tracce del tempo e dell'epoca in cui è stato creato. È intimamente legato al nostro corpo; la sua dimensione, il peso e le forme semplici e lisce, frutto di stampi industriali, sono concepiti in armonia con le proporzioni umane. Al contempo, i recipienti svolgono un ruolo fondamentale come strumenti per cucinare, mangiare e bere. Questi contenitori in alluminio, un metallo morbido e malleabile, rispondono perfettamente al mio desiderio di modellare direttamente sulla loro superficie, trasformandoli in espressioni tangibili della mia creatività. Attraverso martellate e scalpelli, sia all'esterno che all'interno del recipiente, posso estendere e contrarre la superficie del metallo. Questo processo di modellazione diretta permette al tempo e allo sforzo delle mie mani di imprimersi sulla superficie. Il vuoto del recipiente crea una tensione tra la forza espansiva dall'interno e i limiti della sua forma industriale. È proprio il vuoto all'interno del recipiente a conferire al bassorilievo quel senso di pienezza.
 
Gli animali e i volti che scolpisci hanno significati iconografici specifici?
I volti prendono forma seguendo le linee dell'oggetto, come se fossero già presenti e aspettassero solo di essere rivelati. Alcuni di essi evocano individui specifici, acquisendo così un significato personale e naturale. Preferisco lasciare che i significati emergano spontaneamente dall'immagine, piuttosto che imporglieli deliberatamente. Le figure animali, invece, nascono spesso dall'osservazione di quelli che incontro nella mia vita quotidiana - gatti, cani, oche - ma talvolta li colloco in contesti immaginari o mitologici, distanziandoli dalla realtà. Ogni animale porta con sé un temperamento unico e racchiude un valore simbolico profondo nella storia dell'arte. La loro presenza mi consente di intrecciare momenti di vita vissuta con la storia e la natura del recipiente, dando vita a un mito poetico che eleva la dimensione quotidiana.
 
Qual è il tuo rapporto con i maestri del passato e quali in particolare?
I maestri classici rappresentano l'apice e la massima espressione della scultura. Hanno raggiunto un livello insuperabile nella scultura figurativa, ma questo non implica che dobbiamo allontanarci da loro per seguire percorsi alternativi. Al contrario, incarnano la tradizione e una profonda comprensione della scultura. Scultori come Michelangelo, Rodin, Aristide Maillol e Marino Marini sono per me dei veri mentori, figure che ho ammirato fin dai tempi degli studi. Approfondire la scultura tradizionale mi ha permesso di costruire una base solida, insegnandomi a dare forma e struttura agli oggetti, guidato non dalle idee o dai materiali, ma dalla relazione diretta con la materia stessa.
 

Potresti descrivere tre opere che hanno segnato una svolta nel tuo percorso artistico, indipendentemente dal loro successo commerciale?
La prima opera è il risultato di un esercizio di sottrazione che ho realizzato durante gli anni universitari: un piccolo busto scolpito da un blocco di gesso. È grande all'incirca quanto un uovo e presenta una lieve somiglianza con il volto di un compagno di corso. Mi sono concentrato intenzionalmente nel catturare la forma della testa di questa persona. Da quel momento in poi, sono diventato molto più proattivo, e creare opere è entrato a far parte della mia quotidianità.

La seconda opera è un ritratto che ho scolpito a partire da un mestolo di alluminio. Questo pezzo ha segnato l'inizio di un viaggio sconosciuto. Ho investito tutte le mie energie nel dare forma a questo volto innocente, cercando di completarlo con cura. Questa esperienza mi ha regalato una profonda consapevolezza del piacere intrinseco che risiede nel processo di scolpire.

La terza opera è nata dall'unione di due blocchi piatti di mattoni neri che ho fuso insieme per creare un oggetto grande e pesante. Ho deliberatamente abbandonato la scultura raffinata e dettagliata, scegliendo invece di scolpire in modo grezzo e quasi violento un paio di gambe accovacciate e massicce. La ruvidità e l'asprezza di questa opera sprigionano un'intensa energia e un senso di desiderio primordiale.

 

Come immagini lo sviluppo della tua ricerca artistica in futuro?
Attualmente, la mia creazione in questa fase rappresenta un campo che merita di essere ancora coltivato in profondità, e ci sono ancora molti oggetti e concetti sconosciuti che aspettano di essere esplorati. Allo stesso tempo, conosco bene questo approccio che implica un processo di introspezione attraverso l'oggetto, ma sento la necessità di rimanere vigile per evitare ripetizioni meccaniche e dipendenza dal percorso già tracciato. In futuro, cercherò di uscire costantemente dalla mia zona di comfort: le mie opere saranno meno piacevoli e rinfrescanti, più grezze e scomode. Voglio analizzare con maggiore onestà il mio io nascosto, portandolo nelle mie opere.

 

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